L'acqua di Caino e l'acqua di Vallio
Ultima modifica 3 maggio 2023
L'acqua di Caino e l'acqua di Vallio (da: “Leggende e Storie di Caino” – Biblioteca Comunale 1979)
I primi anni del dopoguerra furono difficili e duri, in modo particolare per le genti dei piccoli paesi. Una donna di Vallio aveva trovato il modo di arrotondare, con il commercio dell’acqua del suo paese, le magre entrate, mai sufficienti, anche per un’infelice situazione familiare. Il marito, invece, come molti ricorderanno, passava da Caino con in spalle una gerla colma di pane biscottato, leggero e friabile, a forma di cornetto, e di dolcetti fatti con le mandorle. Vendeva la sua merce ad osterie e botteghe, arrivando a volte fino a Brescia. La donna era già in età, minuta, con i capelli bianchi, resa ancora più vecchia dagli stenti e dalle fatiche di tutta una vita. Riempiva i fiaschi alle fonti di Vallio. A quei tempi non esisteva ancora lo stabilimento delle terme, ma l’acqua era già nota ed apprezzata nei dintorni. Per tre volte la settimana, con i fiaschi in una sporta, saliva il ripido sentiero fino alle Coste di S. Eusebio e da qui, lungo la strada scendeva a Caino. Portava l’acqua a certi signori di Nave, ammalati di fegato, ai quali l’acqua di Vallio era stata consigliata come formidabile toccasana.
La strada diventava per la povera donna ogni giorno più lunga ed i fiaschi più pesanti. Quando si fermava per riposare, aveva cura di adagiare bene la sporta, al riparo e all’ombra, per non rovinare quell’oro bianco. Avvenne che un giorno, arrivata a Novale, proprio dove c’era un’osteria, il manico della sporta di colpo cedette: i fischi caddero e si ruppero. La donnina si sedette sconsolata sul muretto. Non sapeva cosa fare: tornare indietro per rinnovare la provvista era impossibile perché era tardi ed era stanca, non recapitare l’acqua significava perdere quei due soldi e poi, aveva promesso consegne puntuali!
Mentre era immersa in questi pensieri, fu notata dalla moglie dell’oste che vedendola rattristata, quasi con le lacrime agli occhi, le chiese cosa fosse accaduto. Udito il fatto, la moglie dell’oste, donna pratica ed intraprendente, non ci mise molto a trovare la soluzione al guaio. “Venite” le disse, “vi darò io altri fiaschi. Sciacquateli e riempiteli alla fontana”. “Ma non è l’acqua di Vallio!” obiettò la donnina. “Cosa importa? E’ buona anche l’acqua di Caino. Scommetto che non se ne accorgeranno neanche!”. Così i fiaschi furono puliti e riempiti alla fontana di Novale e l’acqua di Pusigle portata a Nave dalla donnina, per la verità ancora non troppo convinta. Quando nel pomeriggio ripassò, la moglie dell’oste le chiese: “E allora, cosa hanno detto dell’acqua?”. “Che andava bene, e che come l’acqua di Vallio non ce ne sono altre”. Il piccolo imbroglio si ripeté altre volte, per parecchio tempo.
Quando era stanca e non se la sentiva di portare l’acqua per tutta quella strada, la donnina si fermava a Novale per riempire i fiaschi. Sembra che gli ammalati traessero comunque beneficio dall’acqua di Vallio tagliata con quella di Caino. Un giorno la donnina dell’acqua non si vide più, ma qualche anno era passato ed i tempi ormai cambiati.